Nel 2017 è andato completandosi il processo di telematizzazione della Sicurezza nei Luoghi di Lavoro portato avanti dall’Istituto Assicuratore Inail. In particolare a far data dal 12 Ottobre è stata previsto per tutte le aziende la Comunicazione obbligatoria da effettuarsi per quegli infortuni non indennizzati dall’Istituto con almeno un giorno di assenza dal lavoro escluso quello dell’evento. Così gli infortuni con durata compresa tra uno e tre giorni escluso quello dell’evento sono da comunicare telematicamente mentre per quelli con durata superiore a tre giorni escluso quello dell’evento, l’obbligo di comunicazione è assolto attraverso il medesimo modulo telematico utilizzato per la denuncia degli stessi.
Le finalità a carattere statistico del nuovo adempimento risultano importanti soprattutto se visti in ottica di tipo prevenzionale: monitorare, infatti, gli infortuni di piccola entità e disporre di una banca dati usufruibile nei diversi settori di appartenenza delle rispettive imprese potrà consentire di stabilire correlazioni maggiormente significative, in relazione alla frequenza, degli accadimenti degli eventi anche di lieve entità aggregati però per comparto di attività e tali da orientare meglio le possibili azioni di prevenzione.
Spostando a tale proposito l’attenzione proprio sui dati che via via confluiranno nel Sistema Informativo per la Prevenzione, l’articolo 9 del D.M. n. 183/2016 stabilisce un principio molto importante: nel sistema informativo dovranno confluire tassativamente solo quei dati previsti dall’allegato “A” rientranti nelle sei macro aree di flussi informativi previsti dall’art. 8, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008, ossia:
- il quadro produttivo e occupazionale;
- il quadro dei rischi anche in un’ottica di genere;
- il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici;
- il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte;
- il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte;
- i dati degli infortuni sotto la soglia indennizzabile dall’Inail.
In particolare, per quanto riguarda gli interventi di vigilanza si rileva che nella banca dati nazionale confluiranno le inchieste sia sugli infortuni sia sulle malattie professionali, nonché i pareri, le verifiche periodiche, gli illeciti penali e amministrativi e i pagamenti effettuati. Insomma, tutte le informazioni relative a ciascuna azienda ispezionata, costituendo così una sorte di “anagrafe tributaria” della sicurezza integrata anche dalle denunce d’infortunio e di malattie professionali.
Inoltre, nel sistema informativo confluiranno altri dati fondamentali che già adesso sono trasmessi per via telematica all’Inail, ossia:
- la comunicazione annuale dei medici competenti per quanto riguarda l’Allegato 3B del D.Lgs. n. 81/2008, diventato per altro sempre più analitico dopo le ultime modifiche introdotte dal decreto interministeriale Lavoro e Salute 12 luglio 2016;
- la comunicazione dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (art. 18, comma 1, lett. aa, D.Lgs. n. 81/2008).
Come è possibile osservare, man mano che il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione andrà a delinearsi in tutta la sua architettura, sempre più assumerà importanza per ciascuna azienda porre attenzione ai dati e pertanto alle informazioni prodotte. Diventerà importante, se non strategico, che le stesse siano coerentemente in linea con i processi preventivi interni tale da non creare disallineamenti informativi (comunicazione interna ed esterna) o, peggio ancora, asimmetrie rispetto all’obiettivo di programma della Prevenzione (articolo 2087 codice civile) intesa quale complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno.
In questo senso infatti diventerà per ciascuna azienda sempre più necessario riporre la giusta attenzione ai dati presenti all’interno della stessa e, soprattutto, la consapevolezza del valore degli stessi; raccogliere dati, analizzarli e correlarli tra di loro per ricavarne le informazioni necessarie su cui basare le decisioni è un’attività a valore strategico.
Certamente lo stesso fenomeno dei Big Data su scala mondiale e la corsa dei grandi gruppi multinazionali alla gestione dei dati testimoniano l’importanza di basare le decisioni di qualunque tipo sui dati o meglio sulle informazioni ricavabili da questi ultimi. Quanto più le informazioni saranno accurate e precise, tanto più le azioni saranno efficaci. Tale fenomeno tuttavia si basa sulla disponibilità di una “immensa mole” di dati raccolti che, analizzati e messi in correlazione tra di loro mediante algoritmi avanzati, forniscono informazioni la cui significatività dipende anche dalla stessa elevata quantità di dati di partenza. Possiamo solo immaginare quale potere sia conferito a chi ha la possibilità di disporne.
Ma, all’interno della singola Azienda, in relazione alla Prevenzione, da intendersi come capacità di intervenire prima che il danno sia avvenuto, quali possono essere i dati e le informazioni utili a prendere decisioni efficaci soprattutto sotto il profilo della Gestione della Sicurezza e della Prevenzione dagli infortuni e Malattie Professionali in particolare laddove tali informazioni non sempre sono raccolte in modo sistematico o addirittura non vengono proprio raccolte ed organizzate?
È possibile preliminarmente fare una riflessione riguardo la presenza dei dati e disponibilità degli stessi all’interno di ciascuna organizzazione. I dati possono considerarsi presenti temporaneamente almeno nel momento in cui si originano. Sono talvolta raccolti all’interno di documentazione non sempre correttamente archiviata, talvolta la loro “archiviazione” è affidata alla memoria delle persone che compongono l’Azienda stessa.
I dati gestiti in questo modo hanno evidentemente una non sufficiente utilità e possono fornire informazioni lacunose e poco utili alla assunzione di corrette decisioni.
In tale ottica appare piuttosto evidente come una corretta struttura di raccolta, analisi e gestione dei dati aziendali possa costituire la base per le successive decisioni anche a carattere strategico e, a maggior ragione, per finalità di Prevenzione interna all’azienda.
Con riferimento al carattere strategico, la Gestione dei Rischi Aziendali (Risk Management) nell’ambito della Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro è stata in molti casi privata (e spesso lo è ancora) proprio del suo significato strategico e ridotta a puro adempimento burocratico, scontando un gap culturale in base al quale siamo spesso portati a considerare tale attività come una sorta di “dovere morale” piuttosto che come una parte integrante della gestione Aziendale con valenza strategica.
A tale proposito non bisogna dimenticare che la attuale norma in materia di Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, il D.Lgs. 81/08 (ed ancor prima il D.Lgs. 626/94), lascia alla figura apicale dell’Azienda (il Datore di Lavoro Prevenzionistico) la possibilità di definire le linee strategiche mediante l’effettuazione dell’analisi, stima e valutazione di tutti i Rischi in base a criteri scelti dallo stesso titolare di tale obbligo, senza quindi imporre a priori, a meno di casi o rischi particolari, una metodologia predefinita.
Occorre forse riflettere su ciò che può costituire il punto di partenza più in generale per un approccio più corretto alla tematica della Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro; potrebbe essere, a tal fine, utile provare a sostituire le classiche domande:
- che cosa c’è da fare?
- che cosa mi impone la legge ?
- sono a posto?
- ho rispettato tutti i gli obblighi?
- che cosa devo dire quando viene un controllo?
con le seguenti:
- quali sono i vantaggi che posso ottenere con un adeguato Risk Management in ambito Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro?
- posso realmente ridurre la probabilità di accadimento di eventi infortunistici e di malattie professionali?
- quali sono i ritorni economici immediati e quali sono i ritorni economici derivanti dal miglioramento del benessere organizzativo nel lungo andare che può derivare da una corretta applicazione delle metodologie di Risk Management?
- come posso valutare e quantificare tali ritorni economici?
Ecco che proprio in considerazione dell’approccio utilizzato assume sempre più importanza il ruolo del Risk Manager ovvero colui che previene e gestisce ogni tipo di rischio aziendale, le cui ripercussioni potrebbero ricadere sui bilanci dell’azienda stessa, e anche della gestione dei cosiddetti rischi “puri”, legati cioè all’intera attività dell’impresa sotto osservazione. I suoi compiti principali si articolano in due momenti:
- Identificazione dei rischi
- Analisi dell’impatto potenziale di tali rischi sulle attività dell’impresa.
Il Risk manager è una figura che deve riunire in sé due professionalità distinte: l’ingegnere e l’economista. Infatti egli deve conoscere i sistemi di produzione, il funzionamento degli impianti e la scienza dei materiali, ma anche avere delle solide basi nell’ambito delle procedure amministrative collegate alla gestione del personale e nell’interpretazione dei dati statistici e delle previsioni econometriche. Il Risk manager è una professione assolutamente trasversale e multifunzionale: chi la svolge deve infatti conoscere tutte le caratteristiche di ogni reparto dell’azienda per la quale offre il proprio operato. I requisiti richiesti per svolgere questa professione sono quindi una comprovata capacità di analisi e valutazione dei costi/benefici, un intuito molto spiccato e una grande riservatezza.
È in tal senso che il Risk Management, definito come insieme di processi attraverso cui un’azienda identifica, analizza, quantifica, elimina e monitora i rischi legati ad un determinato processo produttivo, pone all’interno dell’organizzazione la necessità di applicare la gestione dei rischi presenti ed in particolare legati in questo caso alla salute e sicurezza dei lavoratori.
Il processo di Risk Management è costituito dalle possibili seguenti fasi:
- definizione del contesto
- identificazione delle fonti dei rischi
- valutazione dei rischi
- controllo dei rischi mediante azioni preventive e/o correttive.
In base alla propria struttura organizzativa, l’Azienda individua uno o più Risk Manager aventi il compito di effettuare la valutazione dei rischi e definire le misure per l’eliminazione o prevenzione degli stessi, accertandosi dei risultati e monitorandone le variazioni nel tempo.
Ritornando pertanto alla presenza, disponibilità e gestione dei dati internamente all’Azienda in relazione al Risk Management nell’ambito della Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, una strategia vincente può essere costituita dall’applicazione di una procedura relativa ai cosiddetti “incidenti mancati” o “near miss”.
Tale procedura permette, infatti, di avere a disposizione i dati relativi a fenomeni ed eventi che possono provocare incidenti o infortuni nella considerazione che solamente una piccola percentuale di tali eventi danno poi origine ad un infortunio significativo. Il grafico sotto riportato fornisce una stima del rapporto esistente tra comportamenti pericolosi, quasi incidenti, infortuni.
Tale procedura basa la sua ragione di essere sul fatto che il numero di eventi che non danno origine a conseguenze è di almeno un ordine di grandezza più elevato rispetto a quelli che invece danno origine a conseguenze. Entrambe le tipologie di eventi hanno molto spesso in comune le correlazioni causa effetto. Per tale motivo dunque, analizzare eventi, anche di scarso rilievo in termini di conseguenze, può fornire informazioni di carattere predittivo importanti ed “a basso costo”.
Tale procedura, al momento applicata in diverse realtà lavorative, fornisce risultati in linea con le aspettative iniziali solo quando utilizzata correttamente. Nella considerazione dunque della importanza riconosciuta oggi ai dati, l’inquadramento di tale procedura come analisi predittiva all’interno di un’ottica strategica più complessiva a livello Aziendale unitamente al reale coinvolgimento e partecipazione nonché formazione delle persone impegnate nella raccolta ed analisi dei dati possono costituire gli elementi utili ad aumentare l’efficacia di tale attività.
Negli studi ergonomici è stato infatti definito un modello di analisi che ha al centro il Compito Lavorativo che coinvolge l’uomo, la macchina e l’ambiente. In tale modello l’infortunio viene definito come “il risultato non voluto del sistema” che implica non solo gli effetti fisici (danni alla persona), ma anche tecnici (guasti agli strumenti, macchine, etc.). Nel considerare la differenza tra incidente ed infortunio, dove il primo è potenzialmente capace di provocare danni biologici o di altra natura, mentre il secondo è la conseguenza di un incidente che ha causato concretamente un danno biologico, ne risulta che l’analisi degli incidenti è più adeguata ai fini di una ricerca delle soluzioni di tipo predittivo ed ha come obiettivo di scoprire le carenze e i difetti dei processi lavorativi mentre l’analisi degli infortuni è più limitata in quanto ristretta ai danni realmente verificatisi. Altra distinzione altrettanto importante è quella tra errori attivi (quelli commessi dagli operatori in prima linea) ed errori latenti (quelli associati ad attività lontane in termini di tempo e di spazio dal luogo dove è accaduto l’incidente ovvero attività manageriali, normative ed organizzative). L’organizzazione del lavoro nel suo complesso ed il singolo contesto lavorativo hanno un ruolo importante nel rapporto tra errori attivi ed errori latenti e la comprensione di questi ultimi è basilare per prevenire gli errori attivi.
Nel contesto ad elevata variabilità la costante diventa poter intervenire prima che il danno o le conseguenze negative si verifichino; per poter intervenire prima occorre sapere su quali leve organizzative poter agire ed utilizzarle con consapevolezza.
Le imprese attualmente sono e saranno sempre più nella condizione di dover presidiare proprio i due paradigmi principali: strategia ed organizzazione.
In tale ottica l’integrazione delle opportune leve (informazioni, partecipazione, progettazione) consente di:
– ridurre i costi interni dovuti alle inefficienze, infortuni, malattie professionali;
– aumentare la produttività attraverso il miglioramento del clima lavorativo;
– aumentare il benessere organizzativo integrando partecipazione e progettazione.
Riferimenti Bibliografici:
- Mario Gallo, Con il Sinp Infortuni sotto stretta osservazione, Ambiente & Sicurezza n. 1 Gennaio 2017 pag. 70;
- Università degli Studi di Trento Facoltà di Economia Servizio Placement – I Profili Professionali;
- Gabriella Galli, Il valore della procedura di valutazione degli infortuni mancati, Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, Epc 2001.
- Cesare Saccani, Augusto Bianchini, Veronica Pacini e Marco Pellegrini, I Costi della “non Sicurezza”, Ambiente & Sicurezza n. 20 Ottobre 2010 pag. 41.